
Il DVR è un documento nel quale devono essere registrate, annotate e rese evidenti sia al personale dell’impresa che agli enti preposti al controllo e alla vigilanza, le valutazioni e le conseguenti misure preventive finalizzate alla riduzione del rischio.
Il DVR va redatto entro novanta giorni dall’inizio dell’attività e aggiornato al pari passo di ogni cambiamento che concerne l’impresa. Tutte le attività con soci lavoratori o dipendenti subordinati sono obbligate a predisporre la Valutazione dei Rischi.
Le aziende con meno di 10 dipendenti possono ovviare al DVR tramite l’uso delle procedure standardizzate
La relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa.
Nella relazione devono essere specificati:
- I criteri e le modalità adottate per le valutazioni dei Rischi.
- L’indicazione non solo delle misure di prevenzione ma anche quelle di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali messi a disposizione.
- Il Programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, come ad esempio piani di controllo, programmi formativi ecc. ecc.
- L’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere.
- L’indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale, ed anche del medico competente che ha partecipato alla valutazione dei rischi, se nominato;
- L’individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, nonché una specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.
INOLTRE E’ NECESSARIO PRECISARE CHE:
Il datore di lavoro deve effettuare obbligatoriamente la valutazione dei rischi e l’elaborazione del DVR in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, nonché con il medico competente quando nominato. In particolare, tutte le attività di valutazione dei rischi sono realizzate previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Molto importante è la revisione del DVR che deve avvenire in occasione di modifiche del processo produttivo, quando si verificano modifiche significative dell’organizzazione del lavoro ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, oppure comunque con cadenza triennale. Non solo la rielaborazione del DVR deve essere svolta anche in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni gravi e significativi, non solo, il Datore di Lavoro deve dare seguito alla rielaborazione del documento valutazione rischi, ma deve aggiornare le misure di prevenzione e di protezione previste in precedenza.
SANZIONI
Le Sanzioni vanno da un minimo di 3.000 € fino ad un massimo di 15.000 € di ammenda al datore di Lavoro e pene detentive fino a otto mesi. Inoltre la mancata redazione del DVR, se reiterata, può comportare anche la sospensione dell’attività imprenditoriale
Rischi specifici
Valutazione del Rischio Incendio
Il rischio di incendio o di esplosione è particolarmente forte in tutte quelle imprese in cui sono presenti o vengono lavorati materiali infiammabili o esplosivi, oppure in imprese dove le mansioni di lavoroprevedano lo stoccaggio di questo tipo di materiali all’interno dell’area dell’azienda. Essendo ambienti di lavoro particolarmente rischiosi la legge di riferimento, cioè il Testo Unico sulla Sicurezza sul lavoro, il D.Lgs.81/2008, Allegato IV, Titolo 4, prevede specifiche regole e norme antincendio per il mantenimento di livelli ottimali di sicurezza.
La prima cosa che si legge sul testo di legge è il divieto di fumare e di usare fiamme libere, essendo, queste ultime, le principali cause dell’esplosione di incendi o dell’insorgere di situazioni di rischio.
In secondo luogo, la legge stabilisce che ci sia, come in tutte le imprese, un adeguato sistema di estinzione degli incendi. Questo sistema deve prevedere forme di estinzione delle fiamme con materiali diversi, come schiume, acqua, anidride carbonica, etc, a seconda delle sostanze infiammabili presenti nei luoghi di lavoro.
Per quanto riguarda i riscaldamenti, è necessario che vengano progettati in modo da non causare un eventuale surriscaldamento di materiali potenzialmente infiammabili o esplosivi.
Infine, i materiali che, combinati insieme, possono dare, come risultato, gas o materiali infiammabili o esplosivi devono essere mantenuti separati e nell’impossibilità di entrare in contatto.
Oltre a questo, deve essere presente e funzionante un adeguato sistema di ventilazione e di aspirazione dei gas potenzialmente nocivi. I luoghi di lavoro, oltre alle misure antincendio e di prevenzione alle esplosioni, devono, però, anche essere progettati e mantenuti a norma di legge. In particolare, la progettazione, la manutenzione e la modifica degli impianti e dei sistemi di estinzione degli incendi devono essere verificati e approvati dal Comando dei Vigili del Fuoco competenti per territorio. Essendo fonte di gravi rischi per i lavoratori, le misure antincendio e di prevenzione alle esplosioni sono un’importantissima parte dell’assetto della salute e dalla sicurezza nei luoghi di lavoro.
Valutazione del Rischio Rumore
Il D. Lgs. 81/08 determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall’esposizione al rumore durante il lavoro e in particolare per l’udito e prende in esame questi fattori per determinare tre categorie di rischio. Il Decreto fissa quindi le misure tecniche, organizzative e procedurali, azioni formative/informative e di protezione da adottare a seconda del livello di esposizione.
Il livello (espresso in decibel) a cui fare riferimento per stabilire la presenza di un possibile danno può essere:
- l’esposizione giornaliera al rumore
- l’esposizione settimanale al rumore
Questi livelli tengono conto delle diverse sorgenti di rumore a cui il lavoratore può essere esposto e dei relativi tempi di esposizione e sono riportati a giornate lavorative di otto ore.
La valutazione deve tenere conto anche delle pressioni acustiche di picco (valore massimo della pressione acustica istantanea ponderata in frequenza «C»).
Si può ricorrere al livello di esposizione settimanale qualora l’esposizione quotidiana sia variabile durante la settimana a causa delle caratteristiche intrinseche dell’attività lavorativa. La determinazione si effettua come media dei valori giornalieri sui giorni lavorativi della settimana purché essa non ecceda il valore limite di esposizione di 87 dB(A) e siano adottate le adeguate misure per ridurre al minimo i rischi associati a tali attività.
Valutazione del Rischio Chimico
Il rischio chimico all’interno degli ambienti di lavoro è molto più diffuso di quanto si possa pensare ad una prima valutazione;
Partendo infatti dalla seguente definizione di agente chimico, come ricavata dall’art 222 del D.Lgs 81/08 : Tutti gli elementi o composti chimici, sia da soli sia nei loro miscugli, allo stato naturale o ottenuti, utilizzati o smaltiti, compreso lo smaltimento come rifiuti, mediante qualsiasi attività lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente o no e siano immessi o no sul mercato si può facilmente intuire come gli agenti chimici siano di per sè parte della nostra esistenza quotidiana. Una così elevata presenza di sostanze chimiche, anche potenzialmente pericolose, comporta una diffusione del rischio chimico nei luoghi di lavoro ed un corrispondente rilevante numero di lavoratori esposti, a volte, in modo del tutto inconsapevole.
A motivo di questa diffusione si è reso da tempo necessario un sistema univoco di classificazione degli agenti chimici, che prevede una prima macro-distinzione in due classi:
- gli agenti con proprietà pericolose di tipo chimico-fisico, a loro volta declinati in agenti infiammabili, esplosivi, comburenti e corrosivi;
- gli agenti con proprietà tossicologiche, ulteriormente distinti a loro volta in sostanze nocive, sensibilizzanti, irritanti, tossiche, teratogene e cancerogene.
Se generalmente l’esposizione accidentale e non adeguatamente controllata, agli agenti della prima classe genera un infortunio, l’esposizione ad agenti della seconda classe genera una malattia professionale.
Un primo strumento per l’immediata valutazione della pericolosità eventuale di un prodotto chimico è costituito dall’etichettatura, così come ridefinita dal regolamento europeo (REACH e CLP) di recente definitiva introduzione, in vigore dal 01 giugno 2015, che definisce nove diversi pittogrammi di rischio ognuno dei quali illustra una tipologia di pericolo associata alle proprietà intrinseche della sostanza.
Valutazione del Rischio Cancerogeno e Mutageno
La valutazione del rischio di esposizione ad agenti cancerogeni e/o mutageni spetta al datore di lavoro che deve prima applicare in ordine gerarchico e per quanto tecnicamente possibile, le seguenti misure (articolo 235 del d.lgs. 81/2008):
- eliminare o sostituire l’agente cancerogeno o mutageno
- utilizzare un sistema chiuso
- ridurre il livello di esposizione dei lavoratori al più basso valore tecnicamente possibile e comunque non superiore al valore limite di esposizione (Allegato XLIII del d. lgs. 81/2008).
La Valutazione si effettua prima dell’inizio dell’attività lavorativa, in occasione di modifiche significative nel ciclo produttivo e comunque ogni tre anni.
Per la Valutazione occorre considerare e stimare:
- le caratteristiche delle lavorazioni, loro durata e frequenza
- i quantitativi di agenti cancerogeni/mutageni prodotti o utilizzati e la loro concentrazione
- le diverse e possibili vie di assorbimento, compresa quella cutanea.
Per gli agenti cancerogeni e mutageni la valutazione del rischio deve essere molto attenta ed approfondita.
La valutazione del rischio di esposizione professionale dei lavoratori deve permettere la loro classificazione in:
- lavoratori potenzialmente esposti: il valore di esposizione ad agenti cancerogeni e/o mutageni risulta superiore a quello della popolazione generale, solo per eventi imprevedibili e non sistematici
- lavoratori esposti: il valore di esposizione ad agenti cancerogeni e/o mutageni potrebbe risultare superiore a quello della popolazione generale.
La conoscenza dei valori di riferimento è importante nel definire il limite inferiore cui si deve tendere quando si propongono misure preventive in un luogo di lavoro, e diventa fondamentale nel caso di sostanze per le quali non è scientificamente sempre corretto definire un valore soglia di tossicità, quali sostanze teratogene, mutagene o cancerogene. Nel caso di lavoratori che utilizzano sostanze a tossicità non nota, il lavoro non deve comportare alcun rischio aggiuntivo rispetto a quello derivante dall’esposizione ambientale e dalle abitudini di vita.
I risultati della valutazione del rischio devono essere riportati nel Documento di valutazione dei rischi (Dvr)
Valutazione del Rischio Stress Lavoro Correlato
Dal 31/12/2010 è entrato in vigore l’obbligo di valutazione del rischio da stress lavoro-correlato. Tale obbligo di valutazione è stato introdotto esplicitamente nell’art. 28 del D. Lgs. 81/08, nel quale si prevede che il datore di lavoro valuti tutti i rischi “tra i quali anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo del 8/10/2004”.
Lo stress legato al lavoro rappresenta un rischio non certo nuovo, vista la copiosa letteratura scientifica in merito, ma sicuramente emergente, per la diffusione che sta assumendo in ambito europeo.
Le ricerche hanno, inoltre, valutato anche la ricaduta economica sulle aziende e sulle economie nazionali.
Nell’Accordo europeo sullo stress sul lavoro dell’8 ottobre 2004, citato dal D.Lgs. 81/08, lo stress è definito come “uno stato che si accompagna a malessere e disfunzioni fisiche, psicologiche o sociali e che deriva dal fatto che le persone non si sentono in grado di superare i gap rispetto alle richieste o alle attese nei loro confronti.
L’individuo è capace di reagire alle pressioni a cui è sottoposto nel breve termine, e queste possono essere considerate positive, ma di fronte ad una esposizione prolungata a forti pressioni egli avverte grosse difficoltà di reazione”.
Il NIOSH (National Institute for Occupational Safety and Health, 1999) definisce lo stress come “reazioni fisiche ed emotive dannose che si manifestano quando le richieste lavorative non sono commisurate alle capacità, alle risorse o alle esigenze dei lavoratori”.
Anche la definizione di stress dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA, 2000) tiene conto di vari aspetti legati all’attività lavorativa: “lo stress si manifesta quando le persone percepiscono uno squilibrio tra le richieste avanzate nei loro confronti e le risorse a loro disposizione per far fronte a tali richieste”.
Valutazione del Rischio Lavoratrici Madri e Gestanti
La tutela della sicurezza e della salute della lavoratrice madre è governata dal D. Lgs. n. 81/2008 (Testo Unico della sicurezza sul lavoro) e dal D. Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (Testo Unico della famiglia).
Punto di partenza è la definizione di lavoratrice madre legata al processo d’informazione del proprio stato al datore di lavoro: come dire che, in assenza di tale elemento (il quale costituisce a tutti gli effetti un onere posto a carico della lavoratrice e in alcuni casi un vero e proprio obbligo, sia pure sfornito di sanzione), la normativa di tutela non risulta obbligatoriamente applicabile.
Anche per quanto riguarda la tutela delle lavoratrici madri, gli strumenti fondamentali per la gestione delle aree di rischio professionale sono due:
1) la valutazione del rischio;
2) la proceduralizzazione delle misure di prevenzione e di protezione.
L’art. 11 del D.Lgs. n. 151/2001 sancisce l’obbligo del datore di lavoro (fermo restando il divieto di adibire la lavoratrice madre a determinati lavori specificati e considerati faticosi, pericolosi e insalubri) di valutare, nell’ambito e agli effetti della suddetta valutazione, i rischi per la sicurezza e la salute delle lavoratrici madri. La valutazione dovrà prendere in particolare esame i rischi di esposizione agli agenti fisici, chimici o biologici, processi o condizioni di lavoro di cui all’allegato C, individuando le misure di prevenzione e protezione da adottare. All’esito della valutazione, il datore di lavoro ha l’obbligo di informare le lavoratrici madri e il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) aziendale, ai sensi dell’ art. 36 del T.U. Sicurezza, sui risultati della valutazione e sulle conseguenti misure di protezione e di prevenzione adottate. Le misure adottate devono evitare l’esposizione al rischio delle lavoratrici, attraverso una modifica temporanea delle condizioni o dell’orario di lavoro.
Valutazione del Rischio Radiazioni Ottiche Artificiali
Fermo restando quanto affermato dall’art. 18, e ribadito relativamente agli agenti fisici dall’art. 181, circa gli adempimenti del datore di lavoro in merito alla valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza, inclusi quelli derivanti dalle radiazioni ottiche artificiali, il Capo V del D.Lgs 81/08 stabilisce le prescrizioni minime di protezione per i lavoratori contro i rischi per la salute e per la sicurezza derivanti dall’esposizione alle radiazioni ottiche artificiali durante il lavoro. Questo significa che non si fa nessun riferimento a tutte quelle categorie di lavoratori esposti, per adempiere ad una determinata mansione, a radiazioni solari. E’ buona prassi, qualora fosse necessario, valutare anche questo tipo di esposizione, così come qualsiasi altro rischio per la salute e la sicurezza del lavoratore (art. 28 comma 1 del D.Lgs 81/08). I limiti di esposizione a radiazioni ottiche (coerenti ed incoerenti) sono riportati nell’allegato XXXVII del Testo Unico in materia di sicurezza (D.Lgs. 81/08).
Valutazione del Rischio ATEX
L’articolo 288 del D.Lgs 81/08, modificato dal D.Lgs 106/09, definisce un’atmosfera esplosiva “…una miscela con l’aria, a condizioni atmosferiche, di sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri in cui, dopo accensione, la combustione si propaga nell’insieme della miscela incombusta.” Affinché un esplosione avvenga devono essere presente tre elementi: il comburente (l’ossigeno presente nell’aria), un combustibile (gas, vapore o polvere) ed una sorgente di innesco (scintille di origine meccanica, fiamme libere o punti incandescenti, cariche elettrostatiche, radiazioni ionizzanti, apparecchiature elettriche, ecc.). Rispetto ai vapori ed ai gas, il pericolo di esplosione dovuto alle polveri viene spesso sottovalutato pur essendo quello spesso più devastante. Molti prodotti, apparentemente innocui (come farina, zucchero, plastiche, legno, pesticidi, metalli), una volta dispersi in aria come polveri possono determinare esplosioni tanto più violente quanto più piccole sono le particelle di polvere.
Valutazione del Rischio Spazi e Ambienti Confinati
Ambiente Confinato: spazio circoscritto, caratterizzato da limitate aperture di accesso e da una ventilazione naturale sfavorevole, in cui può verificarsi un evento incidentale importante, che può portare ad un infortunio grave o mortale, in presenza di agenti chimici pericolosi (ad esempio: gas, vapori, polveri). Alcuni ambienti confinati sono facilmente identificabili come tali, in quanto la limitazione legata alle aperture di accesso e alla ventilazione sono ben evidenti e/o la presenza di agenti chimici pericolosi è nota.
Fra i più tipici ambienti confinati, si possono citare:
- serbatoi di stoccaggio;
- silos;
- recipienti di reazione;
- fogne;
- fosse biologiche etc.
Altri ambienti, che a un primo esame superficiale potrebbero non apparire come confinati, in particolari circostanze potrebbero di fatto diventarlo, presentando le medesime problematiche e i medesimi rischi. É il caso, ad esempio, di:
- camere con aperture in alto;
- vasche;
- depuratori;
- camere di combustione nelle fornaci e simili;
- canalizzazioni varie;
- camere non ventilate o scarsamente ventilate etc.
Valutazione del Rischio al Videoterminale
La normativa che tutela la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro stabilisce anche delle regole che riguardano l’uso delle attrezzature con videoterminali (VDT). In virtù di questa regolamentazione, tutti i lavoratori che utilizzano un videoterminale sono soggetti al rispetto delle norme in essa contenute, escludendo però dalla categoria dei VDT, le calcolatrici, i registratori di cassa e gli strumenti informatici installati sui mezzi di trasporto.
Rientrano nel campo di applicazione del D.Lgs. 81/2008 anche i computer portatili, per i quali è previsto che un utilizzo prolungato di questi, implichi che il datore di lavoro debba dotare l’apparecchiatura informatica di una tastiera esterna, di un mouse e di un supporto sul quale collocare lo schermo.
Volendo specificare cosa si intende per “videoterminale”, l’art. 173 del decreto in oggetto afferma che si tratta di uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato. Lo stesso articolo definisce lavoratore, colui che all’interno dell’azienda utilizza un’attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per 20 ore settimanali senza contare le interruzioni e le pause giornaliere.
In merito alla disciplina che regola l’uso di queste attrezzature, il datore di lavoro deve compiere un’analisi dei posti di lavoro nello stesso tempo in cui esegue la valutazione dei rischi, per rilevare:
- i rischi per la vista e per gli occhi;
- i problemi legati alla postura e all’affaticamento fisico o mentale;
- le condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
Successivamente dispone le misure idonee ad eliminare o ridurre questi rischi, tenendo conto della somma ovvero della combinazione della incidenza dei rischi riscontrati
Valutazione del Rischio Vibrazione
Il Testo Unico per la sicurezza sul lavoro – DLgs 81/08 – stabilisce una serie di normative per la protezione dei lavoratori dai vari rischi che possono correre nell’ambito della loro attività lavorativa. Il datore di lavoro è tenuto, ogni anno, a valutare tali rischi e a compilare un documento ufficiale, il Documento di Valutazione Rischi (DVR) – che deve contenere l’indicazione dei rischi in azienda, le misure di prevenzione e protezione che già sono state adottate e che verranno adottate, il nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP), del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) o di quello territoriale (RLST) e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio. Di seguito andremo ad elencare gli articoli del D.Lgs. 81/08 che si concentrano sul rischio vibrazioni, nello specifico sono gli artt. 199-200-201-202-203-204-205 contenuti nel Titolo VIII Capo III di suddetto decreto.
- Il presente capo prescrive le misure per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori che sono esposti o possono essere esposti a rischi derivanti da vibrazioni meccaniche. Nei riguardi dei soggetti indicati all’articolo 3, comma 2, del presente decreto legislativo le disposizioni del presente capo sono applicate tenuto conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato, quali individuate dai decreti ivi previsti.
Valutazione del Rischio Biologico
Quella biologica è una condizione di rischio molto trasversale, e che data la vastità degli agenti che ne sono responsabili può inficiare la salute e la sicurezza di ambienti di lavoro molto differenti tra loro. Un bagno pubblico come un campo coltivato, un allevamento, ma anche una scuola, uffici, luoghi pubblici, laboratori di piercing e tattoo, i dentisti.
Entrando nel campo del rischio biologico è chiaro quanto ci addentriamo in aspetti degli ambienti di lavoro per i quali occorre prevenire infezioni o addirittura contagi. Con rischi causati dunque da batteri, virus, parassiti, funghi.
Una condizione di rischio quindi frequente, tra le prime e maggiori segnalate dal D.Lgs 81/08. Che per essa prevede ovviamente valutazione, DVR, comunicazione.
Il decreto 81 definisce il rischio formalmente in questo modo: Art. 267 (Definizioni). 1. Ai sensi del presente titolo s’intende per: a) agente biologico: qualsiasi microrganismo anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni; b) microrganismo: qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico; c) coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro di cellule derivate da organismi pluricellulari.
Valutazione del Rischio Movimentazione Manuale dei Carichi
La Movimentazione Manuale dei Carichi riguarda tutte le attività lavorative che comportano per i lavoratori rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari.
Con la definizione “movimentazione manuale dei carichi” si intende qualsiasi operazione di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico in particolare dorso-lombari; patologie delle strutture osteoarticolari, muscolo tendinee e nervo vascolari.
Il datore di lavoro è obbligato ad adottare tutte le misure organizzative necessarie e ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori.
Quando questo non sia possibile, il datore di lavoro adotta:
- le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati e fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione assicuri condizioni di sicurezza e salute;
valuta se possibile anche in fase di progettazione, le condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro; - evita o riduce i rischi, particolarmente di patologie dorso-lombari, adottando le misure adeguate, tenendo conto in particolare dei fattori individuali di rischio, delle caratteristiche dell’ambiente di lavoro;
- sottopone i lavoratori alla sorveglianza sanitaria, sulla base della valutazione del rischio e dei fattori individuali di rischio;
Valutazione del Rischio Microclima e Illuminamento
Rischio Microclima
Il microclima è l’insieme dei fattori fisici ambientali (temperatura dell’aria, temperatura media radiante, velocità dell’aria, umidità relativa) che insieme ai parametri quali attività metabolica ed abbigliamento caratterizzano gli scambi termici tra ambiente e lavoratori.
Come indicato nel documento, in base alle condizioni microclimatiche, gli ambienti di lavoro si distinguono in:
- ambienti moderati, in cui si possono raggiungere condizioni di comfort
- ambienti severi caldi/freddi, in cui tali condizioni non possono essere garantite e pertanto ci si deve preoccupare di assicurare la salute e la sicurezza del lavoratore
La valutazione del microclima è un elemento molto importante: le situazioni di disagio all’interno dei luoghi di lavoro legate alle condizioni microclimatiche (livelli di temperatura, umidità, correnti e sbalzi d’aria) possono avere un impatto negativo sia sulla salute fisica che sul benessere psicologico dei lavoratori.
L’organismo umano genera calore attraverso la trasformazione degli alimenti in energia e deve avere una temperatura corporea interna sui 36°, che deve essere mantenuta costante. Affinché ciò sia possibile, l’uomo scambia calore con l’ambiente circostante.
I parametri soggettivi che modulano gli scambi termici con l’ambiente sono:
- L’isolamento termico del vestiario;
- Il carico metabolico(che dipende dal tipo di attività che si sta svolgendo);
Quando l’organismo riesce ad equilibrare questi scambi senza l’aiuto di sistemi di termoregolazione si può parlare di BENESSERE TERMICO.
Rischio Illuminamento
L’illuminazione è fondamentale:
- nella prevenzione degli infortuni;
- per produttività, perché agisce positivamente sullo stato di benessere individuale. Infatti un’illuminazione inadeguata per intensità o per posizione delle fonti di luce, può provocare stanchezza visiva e stati di malessere (ad esempio cefalee), aumentando quindi il rischio d’errori nel lavoro e di infortuni.
L’illuminazione di un ambiente di lavoro deve essere tale da soddisfare esigenze umane fondamentali quali:
- buona visibilità: per svolgere correttamente una determinata attività, l’oggetto della visione deve essere percepito ed inequivocabilmente riconosciuto con facilità, velocità ed accuratezza;
- comfort visivo: l’insieme dell’ambiente visivo deve soddisfare necessità di carattere fisiologico e psicologico;
- sicurezza: le condizioni di illuminazione devono sempre consentire sicurezza e facilità di movimento ed un pronto e sicuro discernimento dei pericoli insiti nell’ambiente di lavoro;
Valutazione del Rischio Radiazioni Ionizzanti
Le radiazioni ionizzanti sono spesso utilizzate negli ambienti di lavoro, da quelli in ambito medico ad alcune tecnologie industriali. I danni prodotti sull’organismo umano dalle radiazioni ionizzanti dipendono dal tempo di esposizione, ma anche dal tipo di particella (neutroni, protoni, elettroni, raggi alfa, ecc.) o fotone (Raggi X e Raggi gamma) che produce la ionizzazione dei tessuti. Le patologie associate a danni da radiazione possono non manifestarsi in fase acuta, a meno di un esposizione massiccia agli agenti ionizzanti.
EFFETTI SULLA SALUTE
Generalmente i danni prodotti dalla ionizzazione dei tessuti da parte delle radiazioni si suddividono in:
- danni somatici deterministici
- danni somatici stocastici
- danni genetici stocastici
I danni somatici sono a carico dell’individuo irradiato, mentre quelli genetici a carico della progenie.
I danni deterministici sono definiti come danni conseguenti al superamento di una dose soglia di esposizione, mentre quelli stocastici possono verificarsi o meno indipendentemente dalla dose assorbita dal soggetto. E’ importante quindi monitorare i livelli di esposizione dei singoli soggetti ed i limiti di esposizione dei lavoratori sono stati definiti in modo tale da ridurre, statisticamente, l’incidenza dei danni di tipo stocastico (prevalentemente tumori) e, per di più, quelli di tipo deterministico.
Valutazione del Rischio Campi Elettromagnetici
Il rischio da campi elettromagnetici (CEM) è un rischio che appartiene alle “Radiazioni non Ionizzanti” (che comprendono anche le radiazioni ottiche e cioè i raggi ultravioletti, le radiazioni del visibile, i raggi infrarossi) e viene considerato dal DLgs.81/2008 tra gli “Agenti Fisici” al Titolo VIII e in particolare dal Capo IV.
I CEM comprendono in particolare le radiofrequenze (RF), le microonde (MO), le cosiddette ELF (radiazioni a frequenze estremamente basse) e i campi elettrici e magnetici statici. I rischi da CEM non comprendono i rischi da contatto con parti in tensione che sono oggetto di altra normativa.
si intendono per campi elettromagnetici: campi magnetici statici e campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici variabili nel tempo di frequenza inferiore o pari a 300 GHz; b) valori limite di esposizione: limiti all’esposizione a campi elettromagnetici che sono basati direttamente sugli effetti sulla salute accertati e su considerazioni biologiche. Il rispetto di questi limiti garantisce che i lavoratori esposti ai campi elettromagnetici sono protetti contro tutti gli effetti nocivi a breve termine per la salute conosciuti; c) valori di azione: l’entità dei parametri direttamente misurabili, espressi in termini di intensità di campo elettrico (E), intensità di campo magnetico (H), induzione magnetica (B), corrente indotta attraverso gli arti (IL) e densità di potenza (S), che determina l’obbligo di adottare una o più delle misure specificate nel presente capo. Il rispetto di questi valori assicura il rispetto dei pertinenti valori limite di esposizione
Valutazione del Rischio Lavori in Quota
L’art. 107 definisce i lavori in quota come quelle attività lavorative che espongono il lavoratore al rischio di caduta da una altezza superiore a due metri rispetto ad un piano stabile, ne sono quindi compresi anche le attività di scavo che prevedono profondità superiori a quella sopra indicata.
La sezione II, articoli dal 108 al 111, illustra quindi le disposizioni di carattere generale, precisando che i cantieri in cui siano adibite attività che prevedano lavori in quota debbano essere provvisti di idonee recinzioni per impedire l’accesso ad estranei e che il transito sotto ponti sospesi, scale ed aree simili, deve essere impedito mediante barriere.
L’articolo 111 illustra quindi gli obblighi del Datore di Lavoro, con due precisazioni introduttive di carattere generale:
- deve essere data la priorità alle misure di protezione di tipo collettivo rispetto a quelle individuali;
- deve essere posta particolare attenzione alle dimensioni e all’ergonomia delle attrezzature di lavoro.
Tra gli obblighi del Datore di Lavoro, infine, rientrano anche il divieto di far assumere bevande alcoliche e superalcoliche (art. 111, c8) ed il divieto di far effettuare lavori temporanei in quota se le condizioni metereologiche non ne consentono l’esecuzione in sicurezza (art. 111, c9).
Così come già per altre tipologie di rischio, viene data particolare evidenza agli aspetti relativi alla formazione ed informazione dei lavoratori, dei preposti e dei dirigenti; formazione che assume carattere prioritario in questo ambito, per gli elementi che costituiscono il corretto impiego dei Dispositivi di Protezione Individuali, come descritti nell’art. 115 (assorbitori di energia, dispositivi di ancoraggio, cordini ed imbragature) che devono essere obbligatoriamente utilizzati qualora non sia stato possibile per motivi tecnici adottare idonee misure di protezione collettiva.
Richiedi Informazioni